Voglia intercontinentale, la magia di un volo

 

Avevo tre anni e mezzo ed eravamo a Palma di Maiorca. Del mio primo viaggio ricordo solo due cose in maniera distinta e nitida. Il bagno nell’acqua alta senza braccioli con i miei che mi tenevano e il pranzetto sull’aereo.

Ai tempi, nel lontano 1983, andare in aereo era una rarità e il servizio che ti offrivano era estremamente lontano dal mondo low cost odierno. Anche per una breve tratta ti davano il classico pasto d’aereo con portata principale, contorno, dolce, frutta e pane. Beh, da quei primi due pranzetti – io li chiamavo così –  con l’aereo è stato amore eterno.

Ricordo che per 6 anni ho frantumato i maroni ai miei per poter andare a Parigi, non so perché volevo andare nella Ville Lumière, ma so che le mie insistenze recitavano frasi tipo: “Andiamo a Parigi, così mangiamo il pranzetto dell’aereo?” E dopo anni di Andiamo, li ho convinti!

Oggi, di anni ne ho 36 e di voli all’attivo qualcuno in più, ma è inutile nascondere che indipendentemente dalla meta, niente e nessuno riesce a scalfire il fascino di un volo intercontinentale.

La grandezza dell’aereo in primis, con quelle 3 file di sedili che la prima volta che le ho viste a stento ci credevo. Gli schermi dove vedere i film, prima un unico monito in stile cinema e poi piccoli schermi simil-tablet. I pranzetti che raddoppiano o triplicano, le chicche extra come gelato o pochette con dentifricio, spazzolino e calzetti. L’icona dell’aereo che sorvola un mappamondo virtuale, un’immagine che io a volte guardo per ore confrontando i km che mancano con quelli fatti, la temperatura dell’aria e la velocità.

 

E ancora, la consapevolezza che stai andando lontano, in qualche angolo di mondo diverso e sconosciuto. Un fuso orario che ti aspetta come testimone della distanza percorsa, un’aria che ha un odore nuovo, una temperatura che ti coglie di sorpresa, una luce che non è quella di casa tua. 

A capodanno dell’anno scorso siamo stati in Cina e poi abbiamo scoperto di essere incinti. Qualche volo italiano, uno europeo e poi è nata la Sofia che, grazie ai nonni palermitani, all’attivo ha già 6 voli e un weekend spagnolo. 

Purtroppo abbiamo avuto un po’ di sfighe durante l’inverno e quindi sarà un’estate a breve raggio come si diceva una volta in agenzia viaggi. Non so ancora dove andremo, ma di sicuro non prenderemo voli di 10 ore.

Scrivo questo post e sogno di imbarcarmi su un airbus 380, quello a due piani che non ho mai preso e di tornare a immergermi nel caos dell’India, di fare un po’ di relax a Mauritius o di ammirare un tramonto nel deserto di dune rosse in Namibia. So che ci sono bellezze incredibili anche a pochi passi da casa, quest’estate mi concentrerò su quelle e sono sicuro che mi piaceranno. Ma…

L’emozione di entrare con il tagliandino della carta d’imbarco, camminare tra le file ben oltre la 32 dei piccoli aerei, sentire la fatica che il jumbo fa per librarsi in volo, mettersi a chiacchierare e fantasticare con la Daniela su cosa ci aspetta all’arrivo, scrutare il mondo dal finestrino etc.etc.etc. beh io avrei voglia di questo.

 

Spero di farlo presto, con al fianco la mia compagna di viaggi preferita e in braccio la nostra piccola viaggiatrice. Spero di farlo presto e di rivivere le stesse emozioni di sempre, vivide e intense come la prima volta.
 



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